Tracce dell'estate

Quando l’inverno ghiaccia le ossa, può capitare di chiudere gli occhi e col pensiero evocare il sole e con lui tutte quelle creature che traggono vitalità dalla sua calda energia. Immaginare allora il mare, la musicalità delle onde che si infrangono leggere sulla riva sabbiosa; immaginare i campi lilla di lavanda in fiore e quel suo profumo, che pare di colpo sentire, rendere ancora più accesa la visione; i campi di girasoli degni seguaci del sole, o i campi di grano che ondeggiano lenti ad ogni sospiro del vento; immaginare poi un canto solare di sottofondo, che rimbomba tra i tronchi nodosi nelle pinete, che si ripete ritmico nei campi adiacenti, che sembra essere un inno dedicato alla stagione più calda, l’estate. Scandita dal frinire delle cicale, la tanto desiderata estate compie il suo ruolo di madre dispensatrice, saziando con i suoi frutti maturi e i suoi fiori traboccanti di nettare.
Nella visone paradisiaca dell’estate, sono le cicale a tessere lo sfondo sonoro con i loro organi vibranti.

Non è sempre facile l’osservazione degli animali, in particolare negli ambienti metropolitani. A volte però sono diverse le tracce che ne indicano la presenza, disseminate negli spazi che ci circondano. E’ il caso della cicala, il cui inconfondibile canto raggiunge le orecchie di tutti, volenti o nolenti, ma la sua visione invece, appare assai più difficile.
Chi ha mai sentito il canto delle cicale? Tutti.
E chi ne ha mai visto una? Forse qualcuno.
Quello del maschio della cicala è un complesso “organo stridulante” situato ai lati del corpo; l’organo stridulante è costituito da sottili piastrine collegate a potenti muscoli la cui contrazione determina il suono, che risuona all’interno di piccole cavità. I maschi contraggono ripetutamente i loro poderosi muscoli per attrarre le femmine mute, le quali si avvicinano e attendono pazienti l’immancabile fase di corteggiamento che precede l’accoppiamento. Il frinire di questo chiassoso insetto è sicuramente una traccia di per se, ma ve ne è un’altra altrettanto inconfondibile: l’involucro ninfale.
Come una maschera di resina trasparente, l’esuvia della cicala rimane aggrappata ad uno stelo, ad un fiore, ad una foglia. E’ una pelle sottile che ricalca in maniera perfetta la sagoma dell’insetto andato incontro alla metamorfosi e la fessura sul torace ne dimostra il passaggio dal vecchio al nuovo corpo. 

 

Dalla terra, nella quale ha passato le fasi larvali aprendosi la strada con le sue zampe anteriori scavatrici, la larva-cicala ipogea ha risalito goffa la via della luce e, sbucata in superficie, è salita ancora, fino all’ancoraggio finale, guidata dalla temperatura che ha risvegliato l’inarrestabile voglia di cambiamento. La cicala adulta, dapprima verde, diventa marrone e spiega le sue ali membranose nel mondo epigeo tutto da scoprire. E’ il momento di comporre lunghe e struggenti serenate.

Vedere un animale, non è l’unico modo per sapere che c’è, che respira, si nutre, cresce, si riproduce. Gli ambienti pullulano di animali che per precauzione o per abitudine intrinseca al loro essere, sono invisibili ai nostri occhi.
Rispettare un ambiente quindi, significa anche rispettare tutti gli animali che lo abitano, anche se non riusciamo a rintracciarli visivamente. Non è proprio un caso che la distruzione degli habitat in atto da diversi anni stia portando all’estinzione innumerevoli specie animali e vegetali.

Tracce nella storia
La metamorfosi degli insetti ha da sempre stimolato la fantasia di filosofi e naturalisti: i greci e gli egizi ad esempio, trovavano nel passaggio del bruco in farfalla il simbolo del defunto che passa dalla vita alla morte e il cui corpo non rappresenta che l’involucro dell’anima. Secondo questa interpretazione, il bozzolo in cui l’insetto nella sua fase larvale si chiude per uscirne profondamente modificato, rappresenta il corpo che si abbandona quando si muore e da cui vola via l’anima dalle sembianze di una farfalla. Non a caso, la parola greca Psyché si traduce nel duplice significato di anima - farfalla e la famosa favola di “Amore e Psiche” scritta da Apuleio nel II sec. d. C. si ispira proprio a tale simbolismo.
Attraverso un apparato boccale specializzato, le cicale (sia larve che adulte) succhiano i succhi vegetali. Nell’antichità invece si pensava che il cibo di questi animali fosse immateriale e, per dirla come Plinio il Vecchio “ si nutrono di rugiada”. Oltre a non mangiare, le cicale figuravano nelle credenze antiche come prive di sangue e incapaci a produrre escrementi, creature molto simile agli dei quindi, e per questo da venerare. Platone fa delle cicale le inviate delle Muse sulla Terra: “Un tempo, prima che nascessero le Muse, le cicale erano uomini. Ma quando nacquero le Muse e comparve il canto alcuni uomini furono colpiti dal piacere che continuavano a cantare, trascurando cibo e bevande, e senza accorgersene morivano. Da loro spuntò la stirpe delle cicale alle quali le Muse hanno concesso il privilegio di cantare fino alla morte senza aver mai bisogno di nutrirsi e poi salire fino a loro per riferire su chi le onori sulla Terra e quale in particolare onori tra di loro…”. Ma la cicala non ha sempre ispirato sentimenti benevoli, come dimostra la famosa favola della cicala e la formica di Esopo, poi tradotta in versi da La Fontaine:
 

La Cicala che imprudente
tutta estate al sol cantò,
provveduta di niente
nell’inverno si trovò,
senza più un granello e senza
una mosca in la credenza […]”

Successivamente Gianni Rodari la reinterpreterà attraverso i seguenti versi:

Alla formica
Chiedo scusa alla favola antica,
se non mi piace l’avara formica.
Io sto dalla parte della cicala
che il più bel canto non vende, regala.

E’ lo stesso Gianni Rodari che, prendendo spunto dalla “favola antica”, propone un elogio in versi ai cambiamenti, argomento su cui le cicale dalla vita attera/alata e sotterranea/terrestre sono di certo esperte.

Rivoluzione
Ho visto una formica
in un giorno grigio e triste
donare a una cicala
metà delle sue provviste.
Tutto cambia: le nuvole,
le favole, le persone…
la formica si fa generosa…
E’ una rivoluzione!

Se possono cambiare le formiche, possiamo sperare anche in un cambiamento della specie umana in favore della Terra. E speriamo non sia solo una favola…

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